BENEFICI YOGA


Terapia Yogica delle Malattie Comuni: 
Disordini del Sistema Digestivo

Proprio come il sole esterno è la fonte di vita, di energia e di calore nel nostro sistema solare, così il nostro corpo fisico e tutti i suoi processi metabolici sono sostenuti da un sano fuoco digestivo, un fiammeggiante sole interno.

 
Tratto da: Swami Karmananda Saraswati, “Yogic Management of Common Diseases”,
ed. Bihar School of Yoga, Munger, Bihar, India.
Attualmente molte persone si stanno privando di uno dei più semplici eppure più profondi piaceri della vita, la possibilità di avere un sistema digestivo ed escretorio sano. Esso è fondamentale per il godimento della vita, poiché la nostra digestione influenza l’intera percezione e l’apprezzamento della vita. L’intimo rapporto tra la funzione della mente e del corpo viene ora ampiamente accettato in tutte le forme di guarigione.
Un sistema digestivo ed escretorio sano è assolutamente fondamentale per una buona salute fisica e mentale. Un grande numero di disturbi cronici degenerativi e metabolici sono effetti secondari a lunga scadenza del cattivo funzionamento e dell'abuso del sistema digestivo. Tra questi disturbi includiamo asma, diabete, artrite, disturbi cardiaci e vascolari, malattie della pelle, cancro, mal di testa, disturbi mentali, disordini sessuali e alterazione delle funzioni endocrine. Questi processi debilitanti e spesso fatali hanno la loro genesi in processi di digestione, assimilazione ed eliminazione disturbati.

Perciò, nel tentativo di migliorare o gestire le malattie principali, inizialmente è spesso necessario rafforzare e riequilibrare i processi di¬gestivi primari, poiché se la shakti o energia vitale può essere risve¬gliata ed equilibrata, allora i processi rigenerativi si mettono in moto automaticamente ed inizierà spontaneamente l’auto-guarigione. L’attivazione della energia curativa propria del corpo è un principio fon¬damentale della terapia yogica. Il ruolo del potere digestivo Per mantenere salute e vitalità ottimale è necessario sviluppare una capacità più sottile e tuttavia importante che manca a molte persone, e che porta molta sofferenza, disturbi e malattie. Dobbiamo sapere come mangiare. Ciò significa che dobbiamo sapere come mantenere il nostro corpo fisico in uno stato di salute e alta resistenza vitale, assumendo solo i cibi giusti e soltanto nelle quantità e nei momenti giusti. Questo principio sembra semplice ma è veramente raro l’uomo che ha capito e si è impadronito delle sue implicazioni.

La maggior parte delle malattie sono il risultato, diretto o indiretto, del non essere riusciti ad imparare questa grande lezione. Dal punto di vista della nostra salute fisica, ogni volta che utilizziamo il meccanismo del mangiare per altri scopi, come la soddisfazione di bisogni emozionali, per alleviare la frustrazione, come sfogo per l’avidità e così via, lo stiamo usando in modo sbagliato e ci stiamo incamminando sulla strada della malattia e della decadenza fisica che all’inizio si manifesta come disturbo digestivo.  

Manipura chakra Nel kundalini yoga, gli organi e le ghiandole digestivi e il plesso solare sono simboleggiati da manipura chakra. Il suo elemento è il fuoco ed il suo simbolo la sfera fiammeggiante del sole. Proprio come il sole esterno è la fonte di vita, di energia e di calore nel nostro sistema solare, così il nostro corpo fisico e tutti i suoi processi metabolici sono sostenuti da un sano fuoco digestivo, un fiammeggiante sole interno. Possiamo considerare il processo digestivo come un fuoco, nel quale il combustibile (i prodotti della terra) viene divorato, alimentato dall’alto dal mantice del diaframma e dall’elemento aria (anahata chakra) che governa il cuore e il sistema respiratorio. Esso è sostenuto dall’elemento acqua (swadhisthana chakra) che governa l’eliminazione delle scorie liquide attraverso i reni e le ghiandole sudoripare. L’intero processo ha la sua base nell’elemento terra (muladhara - il chakra della base nel perineo), al quale vengono restituite le scorie del processo digestivo.
Così abbiamo un modello valido per il nostro studio dei disordini digestivi.  

Il tratto gastrointestinale 

Il miglior modo di considerare il sistema digestivo è come un tubo cavo o un condotto che ha due aperture: l’apertura superiore alla bocca e quella inferiore all’ano. Il cibo viene posto ad un’estremità e le scorie sono espulse dall’altra. Nel mezzo si verificano i processi digestivo, di assorbimento e assimilazione dei nutrienti nella nostra struttura fisica, così come l’eliminazione dei prodotti di scarto tossici e non assorbiti. Il tratto gastrointestinale può, per comodità, essere suddiviso in tre distinte sezioni - il tratto superiore, medio e inferiore. Tratteremo brevemente i disturbi di ciascun tratto in questo capitolo e quindi li discuteremo singolarmente nei capitoli successivi.
Il tratto digestivo superiore 

Il tratto digestivo superiore include la bocca e le ghiandole salivari, l’esofago e lo stomaco che nella fisiologia yogica sono considerati essenzialmente sotto il controllo di prana, il primo delle cinque suddivisioni praniche. Questa forza opera dalla gola al diaframma e dal diaframma alla gola.
I disturbi del tratto digestivo superiore sono dovuti essenzialmente allo squilibrio tra gli elementi aria e fuoco. Essi includono iper e ipo-acidità, gastriti e ulcera peptica, e danno luogo ad un’ampia serie di sintomi comuni che includono eruttazioni, flatulenza, bruciore di stomaco e dispepsia, riflusso e rigurgito. Il tratto digestivo medio

Il tratto digestivo medio è il segmento che si estende dal duodeno alla terminazione dell’intestino tenue (valvola ileocecale) dove inizia il segmento eliminatorio inferiore, conosciuto come colon o intestino crasso. Il tratto digestivo medio è responsabile per l’assorbi-mento e l’assimilazione nel flusso sanguigno delle sostanze digerite. Il prana responsabile per questo processo centrale di assimilazione è chiamato samana. Esso circola tra l’ombelico e il cuore e controlla il metabolismo e la temperatura corporea. Il tratto digestivo medio è composto da tre organi principali - il fegato, l'intestino tenue (ileo) e il pancreas.
I disturbi del tratto digestivo medio includono perciò disturbi del fegato, gastroenteriti, stati di cattivo assorbimento e diabete.  

Il tratto digestivo inferiore 

Il tratto digestivo inferiore inizia dove termina l’intestino tenue nella valvola ileocecale. Oltre questa valvola inizia l’intestino crasso o colon. La materia liquida discendente spinta lungo questo tratto viene ora considerata come materiale di scarto, poiché tutti i nutrienti sono stati estratti durante il passaggio attraverso l’intestino tenue. Il prana che sostiene l’attività del tratto digestivo inferiore è conosciuto come apana. Questo prana fluisce verso il basso dalla regione dell’ombelico al perineo ed è responsabile dell’espulsione della materia fecale e dell’urina dal corpo. Eccessi e deficienze di apana portano ad un’anormale funzione nel tratto digestivo inferiore, e molte malattie acute e croniche derivano direttamente da questa importante origine. Esse includono costipazione, diarrea, emorroidi, dissenteria, appendicite, colite, diverticolite e prolasso.
Hatha yoga Gli yogi del passato, avendo previsto la necessità futura della pratica yoga, compresero anche l’importanza del tratto digestivo e dedicarono gran parte delle loro pratiche preliminari alla pulizia e al mantenimento di una buona salute addominale.

Le asana, alcuni aspetti del pranayama e un vasto numero degli shatkarma, inclusi dhauti, nauli e basti tendono a purificare e guarire il tratto digestivo così come gli altri sistemi dell’organismo. Queste tecniche trasformano il tratto digestivo da un semplice impianto per la trasformazione del cibo, nella fonte della nostra ascesa verso una consapevolezza superiore ed una vita più creativa e più completa.

Una conoscenza più approfondita è contenuta in “The Practices of Yoga for the Digestive System”, una pubblicazione della Bihar School of Yoga.
I Disturbi del Tratto Digestivo Superiore
La vasta gamma di disordini nel sistema digestivo superiore si estende dalla dispepsia, un termine generale che include gli stati di eccessiva produzione di acidi e motilità dello stomaco (iperacidità), che si presenta nell’ulcera peptica e nella gastrite, all’estremo opposto di ridotta attività gastrica e secrezioni (ipoacidità), come si verifica nel riflusso e nel rigurgito. Entrambi gli estremi sono caratterizzati da una diminuzione della sincronizzazione delle funzioni secretorie e di motilità dello stomaco, chiamata dispepsia. La causa della cattiva digestione I vari disturbi digestivi hanno una molteplicità di cause, dai disturbi mentali o emotivi, all’abitudine di ingoiare aria, all’ingordigia. Altre cause primarie dell’indigestione, o dispepsia, sono una dieta carente di sali minerali, il mangiare troppi cibi raffinati come quelli fatti con farina bianca e prodotti di zucchero di canna, bere durante i pasti, pasti veloci o irregolari, cenare tardi, cibi molto conditi, scarsa masticazione e assunzione di bevande ghiacciate. Il risultato è che il sistema digestivo si indebolisce ed il sofferente non riesce a digerire proprio i cibi che migliorerebbero la carenza. Segni e sintomi I sintomi che generalmente indicano cattiva digestione sono bruciori di stomaco, mal di testa, pesantezza di stomaco, evacuazioni irregolari, piedi freddi, polso debole e nei casi cronici prostrazione generale. Nei casi inveterati ci sarà una tosse secca, febbre intermittente, palpitazione cardiaca e irritabilità.
Disturbi specifici
Ipoacidità - è uno stato in cui il cibo rimane a fermentare nello stomaco parecchie ore dopo essere stato ingerito, e rappresenta una carenza del potere digestivo. Ci sono inadeguati enzimi salivari ed una insufficiente quantità di acido gastrico per continuare una digestione attiva, così l’intero processo ristagna. Il cibo sembra pesare nello stomaco per ore, e lo stomaco può essere ancora pieno tre o quattro ore dopo l’ultimo pasto. È estremamente raccomandato vyaghra kriya. L’ipoacidità indica solitamente che è stato consumato cibo in eccesso rispetto alle richieste e alle capacità del corpo. Può verificarsi per un inveterato abuso ed esaurimento del fegato e dell’intestino, e si presenta abbastanza spesso in molte persone nei mesi caldi dell’estate e nei monsoni, quando la moderazione dietetica diviene essenziale.

Rigurgito - è la risalita nella gola di materia alimentare liquida, parzialmente digerita, dallo stomaco su per l’esofago. Nelle ore dopo il pasto sensazioni di nausea, insieme con la spiacevole sensazione che la digestione non sta procedendo soddisfacentemente, accompagna l’ipoacidità.

Iperacidità - è l’altro estremo, in cui i processi digestivi sono costantemente troppo attivi, con una secrezione fuori luogo e ristagno di acidi gastrici in uno stomaco che si agita ed è in funzione anche quando si svuota del suo contenuto di cibo. Questa è la situazione che porta allo sviluppo di gastrite e ulcera peptica. La causa fondamentale dell’iperacidità è un’iperstimolazione costante delle papille gustative e delle ghiandole salivari, che a loro volta causano stimolazione costante dell’attività digestiva nello stomaco. Questo si verifica attraverso la propensione ad una dieta squilibrata, scelta semplicemente in base al gusto e alla soddisfazione orale, piuttosto che con riguardo alla sua adeguatezza e alle qualità utili per la salute. Una dieta ricca di zucchero, condimenti, dolci, cibi raffinati ed eccessivamente grassi, cibi speziati e piccanti è di solito incriminata, ed è peggiorata da passioni orali come il fumo e l’alcool. Questi cibi ‘saporiti’ e abitudini costrittive danno una soddisfazione orale, alleviando temporaneamente uno stato di tensione costante e ansietà dovuto a frustrazione emotiva. L’abitudine a fumare, bere e mangiare cibi eccessivamente ricchi, che forniscono soddisfazione orale a emozioni, bisogni e ambizioni frustrate nella nostra vita, porta ad uno stato di costante secrezione gastrica e motilità dello stomaco, a prescindere dalla presenza o meno del cibo. Essi sono i più comuni fattori che fanno precipitare iperacidità, gastrite e ulcera peptica.

 Secondo gli psicologi, questo problema deriva da un’esperienza dell’infanzia, quando l’individuo fu privato della sicurezza del seno materno come fonte di soddisfazione sia alimentare sia emotiva. Come risultato, nella successiva vita adulta c’è una frustrazione irrisolta con il bisogno costante di avere una qualche forma di soddisfazione orale come fonte di sicurezza emotiva.

Bruciore di stomaco - si riferisce al sintomo di irritazione bruciante e dolore che accompagna l’iperacidità, ed è dovuto ad irritazione acida dell’estremità inferiore dell’esofago. Questa dolorosa sensazione di bruciore si sente direttamente dietro lo sterno, al centro del torace. Si presenta dopo mangiato e inizialmente può essere confusa con il dolore ‘stringente’ al torace dovuto ad insufficienza coronarica (angina cardiaca) che può seguire un pasto pesante.

 Flatulenza - si riferisce alla sensazione di pienezza o gonfiore nella parte superiore dell’addome che si verifica ogni volta che il cibo viene mangiato in fretta, senza consapevolezza o in combinazioni scorrette. Quando il cibo è ingoiato velocemente e senza attenzione, mentre il corpo e la mente rimangono in ansia e preoccupati, inconsciamente si inghiotte aria insieme al cibo che non viene masticato adeguatamente. Il mangiare rapido o ansioso può diventare un’abitudine, e frequentemente porta a iperacidità e formazione di gas. C’è spesso la consapevolezza di un aumentato movimento dello stomaco e di rumori, con notevole gonfiore e fastidio nella parte alta dell’addome.

Eruttazione - è un sintomo strettamente connesso che si riferisce all’espulsione di aria dello stomaco. Il gas risale nell’esofago e viene espulso dalla bocca. Un certo livello di eruttazioni è un accompagnamento necessario e desiderabile di una digestione efficace quando lo stomaco agita più e più volte il suo contenuto. Tuttavia, quando è stata inghiottita aria in eccesso a causa della consumazione veloce di cibo esageratamente ricco, l’eruttazione diviene eccessiva e problematica nelle ore dopo i pasti.

Sintomi di flatulenza ed eruttazioni accompagnano spesso l’ipoacidità.  

La soluzione dei problemi digestivi 

L’importanza di elevare il processo del mangiare da abitudine meccanica ad atto conscio e piacevole, in cui una moderata quantità di cibo semplice e puro, sufficiente a sostenere le necessità del corpo, viene mangiata con piena consapevolezza, non può essere sottovalutata. Coltivando questa capacità l’abitudine di mangiare troppo, troppo in fretta e cibo eccessivamente ricco, viene lentamente ma certamente sradicata dallo stile di vita, e rapidamente si guadagna una migliore salute generale e vitalità. I due estremi della cattiva digestione - ipo e iper-acidità - possono aversi isolatamente in pazienti particolari. Più spesso, i due estremi si succedono l’un l’altro ciclicamente, secondo cambiamenti stagionali, in persone che soffrono di abitudini alimentari incontrollate e dieta inadeguata, specialmente in climi caldi o con condizioni estreme. In questi casi c’è spesso deficienza e squilibrio digestivo che necessita di correzione attraverso misure yogiche e dietetiche se si vuol evitare un danno più serio allo stato generale della salute fisica.

Terapia yogica della dispepsia 
Le seguenti pratiche sono specifiche per i disturbi digestivi del tratto superiore e ristabiliranno rapidamente la funzionalità se praticati quotidianamente. 
1. Asana: La seconda parte della serie di pawanmuktasana, che comprende il gruppo per il tratto digestivo, dovrebbe essere praticata ogni mattina. Vajrasana dovrebbe essere adottata per 10 minuti immediatamente dopo ogni pasto. Questa posizione stimola un’ottima digestione. 
2. Pranayama: Dieci cicli di nadi shodhana stadio 2 ogni mattina. Quindi passare allo stadio 3. Si dovrebbe praticare anche bhastrika; gradualmente arrivate a 5 cicli di 50 respiri. 
3. Bandha: Jalandhara, mula e uddiyana dovrebbero essere inseriti nelle pratiche di pranayama. 
4. Shatkriya: Neti, kunjal, vyaghra e agnisara kriya. Laghu shankhaprakshalana dovrebbe essere praticato per almeno una settimana. 
5. Rilassamento: Praticare yoga nidra ogni pomeriggio o sera. Dopo le asana, rilassarsi in shavasana e praticare 100 respirazioni addominali o yogiche. 
6. Meditazione: Seduti in padmasana o vajrasana e concentrarsi sul movimento del respiro nell’ombelico. 
7. Dieta: Sono indicati cibi semplici, nutrienti e facilmente digeribili. Evitare preparazioni spezziate, grasse e piccanti, torte, prodotti di farina raffinata, dolci, ecc. che sono un peso per lo stomaco e sono molto acidificanti. La dieta dovrebbe consistere di cibi naturali preparati al momento, con verdure bollite o cotte al vapore, radici, riso, insalate, frutta e legumi. Sono raccomandati khicheri e latte. Dovrebbe essere ridotta l’assunzione di caffè e tè. Alcol e sigarette aggravano soltanto le condizioni negative. 
8. Digiuno: Questo è un modo eccellente per combattere la dispepsia e dimostra velocemente al sofferente che la fonte del problema sono le abitudini alimentari. È vivamente consigliata l’abitudine di digiunare un giorno alla settimana.  
Ulteriori raccomandazioni 
1. Mentre mangiate cercate di sviluppare una forma di auto consapevolezza. Questa è una pratica yogica fondamentale. Siate regolari nell’orario dei pasti ed evitate assolutamente di mangiare fuori dei pasti. Mangiate lentamente e masticate il cibo completamente senza avere alcuna fretta di finire. Cercate di trarre il massimo piacere da ogni boccone, piuttosto che mangiare troppo in modo inconscio. 
2. Cercate di avere sempre la narice destra (pingala nadi) aperta quando mangiate. Con questa pratica i succhi gastrici aumentano. 
3. Non mangiate mai quando siete ansiosi, eccitati o tesi. Una digestione adeguata richiede che la consapevolezza totale sia focalizzata su tale compito e che corpo e mente siano rilassati. Se la mente rimane tesa o preoccupata, le energie digestive necessarie non possono essere risvegliate e ne risulterà una cattiva digestione. Se uno è ansioso o teso quando viene servito il cibo, è meglio che si rilassi per 10 minuti in shavasana prima di iniziare il pasto. 
4. Evitate di mangiare tardi la notte perché durante il sonno avrete cattiva digestione e sogni disturbati. Un pasto serale leggero dovrebbe essere preso verso il tramonto e se lo si desidera, si può bere del latte tiepido prima di dormire.

 

Pawanmuktasana: il grande guaritore 

 Dr. Sannyasi Gopalananda (Bogota, Colombia)

 

Pawanmuktasana è una serie di pratiche di yoga divisa in due* gruppi: il primo gruppo è noto come ‘esercizi anti-reumatici’ e il secondo gruppo ‘esercizi anti-gastrici’. Il primo gruppo viene insegnato per lo più ai principianti, ai convalescenti, agli invalidi o a coloro che sono molto rigidi, con lo scopo di sciogliere le articolazioni e rendere i muscoli più flessibili. Questa serie è molto semplice e facile da imparare, per questo motivo è così utile nei casi sopra descritti. Comunque, proprio a causa di ciò, spesso tende ad essere trascurata e sottostimata dagli aspiranti di yoga che sono alla ricerca di tecniche più avanzate.
Lo scopo di quest’articolo è di spiegare il significato profondo dei pawanmuktasana in relazione al concetto Ayurvedico dei tridosha e di come, da questo punto di vista, possiamo comprenderne gli effetti sul corpo fisico ed il loro potere di guarigione. Innanzitutto è necessario occuparsi del concetto Ayurvedico dei tridosha, gli umori corporali (vata, pitta e kapha) e della loro relazione con le pratiche dei pawanmuktasana. In secondo luogo, vedremo come i pawanmuktasana influenzano il corpo fisico, soprattutto i muscoli, il cervello, le articolazioni, le vene ed il sistema linfatico. In terzo luogo vedremo come essi stimolano il processo di guarigione attraverso la redistribuzione del prana e lo scioglimento dei blocchi pranici.

 

Il significato dei pawanmuktasana

Il termine pawanmuktasana è composto da tre parole Sanscrite: pawan, che significa ‘vento’ o ‘aria’, il cui termine Ayurvedico corrispondente è ‘vata’ o ‘vayu’; mukta, che significa ‘liberazione’ o ‘libertà’ e asana, che significa ‘posizione’ (1). Quindi, possiamo dire che pawanmuktasana significa “le posizioni con cui si rilasciano o si liberano il vento o l’aria”. Comunque, se notiamo la relazione che c’è tra la parola “pawan” ed il termine Ayurvedico “vata”, possiamo comprendere meglio il suo significato ed avere un’idea completa di come agisce questa serie di pratiche.
Vata è uno dei tre umori, o tridosha, della medicina Ayurvedica. Questi tre umori si originano da differenti elementi e costituiscono le basi dell’esistenza umana ed il nostro ambiente bio-psico-sociale. Vata può essere tradotto come ‘ciò che muove le cose’. È composto dagli elementi etere e aria ed è in relazione all’energia, o forza-vitale. Vata è la radice dei tre umori ed è considerato come il principio del movimento, o dell’aria. La sua sede principale è nell’intestino crasso (2,3).
Pitta viene tradotto come ‘ciò che digerisce le cose’. È composto dagli elementi fuoco e acqua ed è in relazione agli aspetti di calore e luce, nel corpo e nella mente. Pitta governa la digestione ed è anche il fuoco metabolico che brucia il materiale di scarto. La sua sede principale è nell’intestino tenue (4,5).
Kapha significa ‘ciò che tiene insieme le cose’: è il principio di coesione, amore e armonia. È composto dagli elementi acqua e terra ed è la sostanza materiale ed il supporto degli altri due umori. La sua sede principale è nello stomaco ed è anche connesso al declino, alla stagnazione e alla malattia (6,7).
In realtà, questi umori non esistono nella forma manifesta. Essi rappresentano determinate qualità, o attributi, del mondo manifesto. Quindi, quando si parla di ‘liberazione di vata’, in realtà non ci si riferisce a qualcosa di materiale chiamato vata, ma è il rilascio o la liberazione di quelle particolari qualità rappresentate nel concetto di vata. In questo modo possiamo capire che il reale significato dei pawanmuktasana è la liberazione degli attributi o delle qualità che sono rappresentate da vata, che corrisponde al principio del movimento e che può essere osservato nel movimento dell’aria e del vento.
Quando il principio del movimento è liberato, influenza anche gli altri umori, dato che ne è la radice. Il vento soffia sul fuoco (pitta) ed il fuoco purifica l’acqua della vita (kapha) (8). Possiamo anche notare che dove non c’è movimento c’è stagnazione, accumulo di prodotti di scarto e questo causa degenerazione e malattia. Il movimento permette il cambiamento ed il cambiamento è rinnovamento, ringiovanimento. I pawanmuktasana, quindi, possono essere definiti come le serie di asana che liberano il movimento, che si oppongono alla stagnazione, alla degenerazione ed alle malattie, agevolando il cambiamento, il rinnovamento ed il ringiovanimento. 
Gli effetti dei pawanmuktasana sul corpo fisico
Il principio del movimento, vata, può essere visto in tutte le attività del corpo. Nel lavoro del sistema nervoso, nei muscoli, nelle articolazioni, nella circolazione, nella digestione, ecc. (9). Ci sono differenti gradi di attività e questo mostra quanto il corpo sia vivo. Dove c’è molta attività o movimento, c’è vita. Dove non c’è movimento o attività, c’è decadenza e morte. Noi siamo da qualche parte tra questi due stati. I pawanmuktasana aiutano a generare, perfezionare ed armonizzare il movimento o l’attività nel corpo fisico. Possiamo vederlo attraverso gli effetti dei pawanmuktasana sull’attività dei muscoli e delle articolazioni, sulla circolazione venosa e linfatica.

 

Gli effetti dei pawanmuktasana sui muscoli

L’attività muscolare è davvero complessa. Perciò, in questo articolo enfatizzeremo gli effetti dei pawanmuktasana su due importanti riflessi: il riflesso di stiramento e quello di allungamento; sul tono muscolare e la sua relazione con la tensione fisica.
I principali componenti del riflesso di stiramento sono i fusi neuromuscolari: dei recettori che rivelano il cambiamento ed il tasso di variazione della lunghezza delle fibre muscolari (10). Questo aiuta nel controllo della lunghezza del muscolo attraverso un dispositivo di risposta (11). Così, se il muscolo si allunga, il ricettore sarà stimolato, ed attiverà il riflesso per produrre una reazione di contrazione per contrastare le forze di stiramento. Nel riflesso di allungamento, i ricettori sono i tendini del Golgi: degli apparati che individuano la tensione applicata al tendine del muscolo in cui vi è una contrazione o uno stiramento (12).
Il riflesso di allungamento è opposto al riflesso di stiramento e la sua stimolazione produce una risposta di rilassamento, anziché una risposta di contrazione. Ciò significa che, mentre il riflesso di stiramento è eccitatorio, il riflesso di allungamento è inibitorio (13). Il riflesso di allungamento previene la lacerazione del muscolo e l’avulsione del tendine dal suo attaccamento all’osso, così da proteggere il muscolo e gli altri tessuti morbidi dall’eccessiva tensione.
Il riflesso di stiramento è molto importante per il tono muscolare, che è definito come la resistenza del muscolo allo stiramento. E’ uno stato di costante contrazione del muscolo, protratto per un certo periodo di tempo, o di un grado residuo di contrazione quando i muscoli sono a riposo. Il tono muscolare è compreso tra lo stato di flaccidità, dove non c’è nessuna contrazione, come nella denervazione, e lo stato di spasticità, dove c’è un’iperstimolazione del muscolo che lo porta alla massima contrazione (14).
I riflessi citati ed il tono muscolare sono molto importanti nel controllo della postura e nel movimento, che sono molto complessi e richiedono molta integrità, coordinazione e cooperazione tra il sistema nervoso centrale, i nervi e i differenti gruppi di muscoli. Questo è un processo completamente inconscio e quando siamo a riposo e pensiamo che non stia accadendo nulla, in realtà non è così perché il corpo richiede molta attività affinché possa essere mantenuto in una certa posizione, anche durante il sonno.
Molti fattori sono coinvolti nel movimento e ci sono differenti gruppi di muscoli che devono agire in cooperazione per produrre una risposta adeguata. I muscoli che sono coinvolti nello stesso movimento sono chiamati agonisti o protagonisti; i muscoli che si oppongono alla loro attività sono chiamati antagonisti. I muscoli che non sono direttamente coinvolti con il movimento, ma che cooperano con esso, sono chiamati sinergici ed, infine, c’è un gruppo di muscoli che mantiene il corpo fermo e stabile per dare una base e far sì che avvenga il movimento, che sono chiamati muscoli fissatori.
Ora, se osserviamo la prima serie dei pawanmuktasana, le pratiche anti-reumatiche (15), possiamo notare come una grande quantità di muscoli sia utilizzata e stimolata in modo sistematico e rilassato. C’è una minima contrazione (senza tensione) per tonificare il riflesso di allungamento e quando un gruppo di muscoli è in contrazione, gli antagonisti si stirano per stimolare il riflesso di stiramento. C’è anche una massima estensione che sviluppa la flessibilità influenzando il tono dei muscoli, portandoli al minimo stato di contrazione possibile e, in questo modo, si ha il rilascio della tensione fisica che si riflette proprio in un elevato tono muscolare. 
Attraverso diversi movimenti di flessione, estensione e rotazione i vari gruppi di muscoli vengono stimolati e viene regolata la loro funzione. Si può pensare che questi esercizi non siano differenti da quelli ginnici o aerobici, ma c’è una grande differenza. Quando si praticano i pawanmuktasana con piena consapevolezza e concentrazione mentale, si riesce a scomporre ogni movimento ed essere consapevoli di quale gruppo di muscoli è in contrazione, quale è in allungamento e quale è usato per mantenere il corpo stabile e fermo.
Quando si sente che il corpo sta facendo resistenza ad un certo allungamento, si è consapevoli della resistenza a questi movimenti di iperstimolazione. In questo caso viene stimolato il riflesso di protezione. Anche se non si conosce nulla di fisiologia e di quanto accade microscopicamente, c’è consapevolezza che qualcosa sta avvenendo per evitare che ci si faccia male. Le asana sono intese per essere fatte senza sforzo, dolore o tensione perché se capita di avere uno strappo muscolare bisognerebbe fermarsi. Questo ci aiuta anche a capire i nostri limiti e a proteggerci dall’eccessiva stimolazione e dal troppo sforzo.
Oltre a questo, l’esecuzione sistematica e consapevole di qualsiasi attività, stimola le differenti aree del sistema nervoso coinvolto nella postura e nel movimento proprio come un sistema piramidale: spina dorsale, mesencefalo, gangli basali, corteccia e cervelletto.

Gli effetti dei pawanmuktasana sulle articolazioni

I pawanmuktasana influenzano diverse articolazioni del corpo, ma qui ci occuperemo solo degli effetti sulle articolazioni sinoviali. Le articolazioni sinoviali sono molto complesse ed anche molto comuni nel corpo. Si trovano nelle caviglie, nelle ginocchia, nelle anche, nei polsi, nei piedi, nelle dita, ecc. Tre sono le strutture importanti in questo tipo di articolazione: la capsula articolare, la cartilagine articolare e il fluido sinoviale. La capsula articolare è composta da un rivestimento molto sensibile chiamato membrana sinoviale che è costituita, esternamente, da tessuto connettivo lasso. Internamente è coperta da cellule appiattite composte da villi che elaborano e da cellule ovali che si suppone vengano coinvolte nel processo di secrezione del liquido sinoviale. Questa membrana ha anche una funzione immunitaria grazie alla presenza dei fagociti che rimuovono i detriti prodotti dal logorio e dall’usura. Questa membrana è molto vascolarizzata ed innervata (16).
La cartilagine articolare è una fibrocartilagine bianca, solitamente ialina, che ricopre le superfici articolari, contribuisce al movimento ed ha una funzione di protezione della superficie stessa. Questa cartilagine non è irrorata e dipende molto dai delicati vasi presenti nell’osso sottostante e dal fluido sinoviale per la sua nutrizione e il riciclo. Il liquido sinoviale è un dializzato di plasma bloccato, ovvero un trasudato. Ha una natura lubrificante, nutritiva e protettiva. E’ parzialmente prodotto dalle cellule sinoviali ed è riassorbito dai villi e dalle aperture, o stomi, tra le cellule superficiali. Questo processo di riassorbimento è accelerato molto dal movimento (17).
Il processo di lubrificazione è molto importante per la corretta funzione ed il mantenimento delle articolazioni, e questo dipende soprattutto dal movimento. Quando l’articolazione si muove, il fluido viene spinto tra le superfici dei cuscinetti e viene mantenuto lì quando l’articolazione è a riposo. La cartilagine ha dei piccoli pori che comunicano attraverso spazi microscopici con la cavità sinoviale e si riempiono di fluido. Quando c’è pressione, il fluido viene espulso e quando l’articolazione è a riposo i piccoli spazi vengono riempiti. In questo modo, lavorando come una spugna, la cartilagine è lubrificata (18).
Quando si praticano i pawanmuktasana, soprattutto la serie anti-reumatica, le articolazioni ricevono un gentile movimento che aiuta il processo di nutrizione, protezione ed eliminazione. Con il tempo e la pratica l’estensione del movimento migliora. Questo porta lubrificazione alle aeree delle articolazioni che, a causa di un uso carente, non sono mai correttamente esposte al liquido sinoviale; i tessuti si rivitalizzano e sono protetti dalla degenerazione causata da un’eccessiva pressione, attrito ed insufficiente lubrificazione.
Le pratiche della serie dei pawanmuktasana non esercitano alcuna pressione o eccesso di carico sulle articolazioni, perché il movimento non è eseguito per sviluppare i muscoli attraverso un’iperstimolazione, ma per produrre l’effettivo movimento delle articolazioni, usando solo il peso della parte del corpo presa in considerazione. Così nella serie dei pawanmuktasana le articolazioni sono mobilizzate con sicurezza per stimolare la circolazione del fluido sinoviale, la sua secrezione ed assorbimento. Questo migliora il processo di lubrificazione e, allo stesso tempo, rivitalizza i tessuti migliorando la nutrizione e l’eliminazione dei prodotti di scarto e proteggendoli dai cambiamenti degenerativi causati da un’attività normale o anomala.

 

Gli effetti dei pawanmuktasana sul sistema venoso e linfatico

La circolazione venosa ed il sistema linfatico sono molto importanti nel processo di eliminazione dei prodotti di scarto dal corpo. Essi trasportano il materiale di scarto al cuore per essere pompato verso i siti adibiti al processo di eliminazione del corpo, come i reni e la pelle. Anche il sistema linfatico è molto importante per il processo di nutrizione, perché porta gli acidi grassi dall’intestino, dove sono assorbiti, al sistema circolatorio. Inoltre è anche importante per la funzione immunitaria, perché i linfociti entrano in circolazione principalmente attraverso il sistema linfatico.
Le vene non hanno pareti muscolari lisce, perciò hanno la capacità di dilatarsi ed agire come una riserva di sangue. Ciò significa anche che non c’è modo per i vasi di poter pompare il sangue che contengono e, peggio ancora, che la circolazione venosa avviene contro la forza di gravità. Tuttavia, abbiamo un sistema di ‘valvole venose e una pompa muscolare’ (19) che risolvono il problema. Le valvole venose fermano il sangue nella sua circolazione verso il basso, a seguito della forza di gravità, e la pompa muscolare, che è costituita dai muscoli delle gambe, comprime le vene per stimolare la circolazione o il movimento verso il cuore.
In tal modo la contrazione dei muscoli delle gambe permette al sangue di fluire, e le valvole venose mandano il flusso verso il cuore. Quando i muscoli non vengono usati, come nel caso di pazienti convalescenti o di persone che svolgono un lavoro sedentario o che mantengono una posizione per diverse ore al giorno e per anni, il flusso di sangue si ferma. Questo fa dilatare eccessivamente le vene e danneggia le valvole venose, dando luogo a malattie come le vene varicose. Il flusso del sangue è insufficiente e, anche se non sono presenti vene varicose, ciò significa che il processo d’eliminazione è compromesso, consentendo al materiale di scarto di accumularsi.
Attraverso la pratica regolare dei pawanmuktasana, la pompa muscolare si mantiene in forma, le vene sono massaggiate, la circolazione ed il flusso del sangue sono stimolati, consentendo un’adeguata funzione di nutrizione ed eliminazione in tutto il corpo. Inoltre, con la pratica della seconda serie dei pawanmuktasana le gambe vengono portate più in alto rispetto al cuore, facendo sì che la pressione idrostatica lavori in favore del flusso del sangue verso il cuore.
Un processo simile avviene nel sistema linfatico. Anche i canali linfatici hanno delle valvole che prevengono il fluire della linfa verso il basso, seguendo la pressione idrostatica. Vi è anche una pompa linfatica intrinseca, dovuta alla presenza di cellule muscolari lisce, ma questa pompa intrinseca è aiutata molto dalla pompa estrinseca, costituita dalla contrazione dei muscoli, dal movimento delle parti corporee, dalla compressione dei tessuti e dalla pulsazione arteriosa (20). Tutti questi fattori, che costituiscono la pompa linfatica estrinseca, vengono stimolati attraverso la pratica regolare dei pawanmuktasana.

Il potere di guarigione dei pawanmuktasana

I pawanmuktasana possono essere intesi come delle asana, o delle posizioni, che liberano il principio del movimento. Questo movimento può essere osservato nell’attività dei muscoli del corpo, che sono anche responsabili del movimento stesso. Il movimento, nel processo circolatorio, è considerato responsabile del nutrimento, dell’ossigenazione e dell’eliminazione dei prodotti di scarto del corpo.
Le articolazioni esistono solo per creare il movimento, ed è solo il movimento che le tiene in forma. Il movimento è il principio che s’oppone alla stagnazione, alla decadenza e alla malattia. E’ il principio del cambiamento, del rinnovamento e della rigenerazione. E’ l’attività che si oppone alla passività; è sattwa che si oppone a tamas. Tutto ciò è responsabile del potere di guarigione insito nei pawanmuktasana, o nelle posizioni che liberano il principio del movimento.

Appendice

Il prana e le nadi

Nel sistema yogico “pawan” si riferisce anche al prana, in quanto prana è definito come aria. Nell’Ayurveda, a volte, il concetto di vata e prana sono sinonimi, anche se non è propriamente corretto. Se intendiamo il prana come la forza vitale o vitalità (21), possiamo dire che pawan rappresenta questo principio energetico. Perciò, i pawanmuktasana possono essere definiti come quelle posizioni che liberano la forza vitale, o la vitalità. Da questo punto di vista possiamo anche comprendere come, attraverso la pratica di questa serie di asana, viene sprigionata una potente forza di guarigione.
Il Prana è diviso in cinque prana principali: prana, apana, samana, udana e vyana. Questi prana si riferiscono a differenti movimenti. Prana è l’aria che va in avanti ed ha un movimento ascendente; apana è l’aria che si muove verso il basso; samana è l’aria orizzontale o equilibrante; udana è l’aria con movimento a spirale e vyana è l’aria diffusa, pervadente.
Quando si praticano i pawanmuktasana con piena concentrazione e consapevolezza, si può sentire come tutti questi movimenti pranici vengano stimolati, stimolando le energie alla circolazione e redistribuzione. Uno dei prana che ne è chiaramente influenzato è vyana (22), che governa la circolazione e gl’impulsi nervosi verso la periferia ed anche il movimento delle articolazioni. Così, possiamo notare come gli effetti dei pawanmuktasana sul corpo fisico si riflettano sui prana e come gli effetti dei prana si riflettano sul corpo fisico.
La seconda serie dei pawanmuktasana (23) ha un effetto diretto su apana vayu. Il suo effetto è molto forte sui muscoli addominali bassi, sugli organi pelvici e sull’intestino crasso, che è anche la sede di vata. L’irrorazione sanguigna aumenta attraverso la stimolazione del ritorno venoso dalle gambe, ed aumenta anche il processo di eliminazione. Apana è considerato come il potere della malattia insito nel corpo, la forza di non-evoluzione e la limitazione della consapevolezza. Perciò, purificando apana vayu, il corpo è protetto dalle forze di degenerazione (24,25).
Apana è considerato anche come il supporto e il controllo di tutte le altre forme di vata, e vata è considerato la radice degli altri due umori (25). Così, attraverso la purificazione di apana, viene prodotto un effetto complessivo anche sugli altri prana e ciò si riflette sugli umori, o tridosha, che costituiscono la base dell’esistenza umana nel mondo manifesto. Tutto ciò è anche la causa del potente effetto curativo dei pawanmuktasana.
I prana sono trasportati lungo il corpo dalle nadi, che sono definite come canali o vie di corrente pranica. Questi canali energetici creano una complessa rete di ‘fili energetici’ che mantengono unito il campo d’energia del corpo umano (26). Questi canali, o vie, sono molto importanti per la circolazione del prana e possono ostruirsi a causa dell’inattività o di un’errata attività, di pensieri errati, una dieta sbagliata e, in generale, a causa di un errato stile di vita (27). Attraverso la pratica dei pawanmuktasana si provoca un massaggio stimolante ai canali energetici che libera questi blocchi (28).
Infine, possiamo dire che, attraverso i differenti movimenti di flessione, estensione e rotazione delle diverse parti del corpo, si crea un ‘effetto di avviamento’. Questo ‘effetto di avviamento’ spinge il prana a circolare e, allo stesso tempo, libera le ostruzioni. Inoltre, questo effetto parte, sistematicamente, dalla parte bassa del corpo verso la testa, dalla periferia al centro e dagli organi esterni a quelli interni.
*La serie dei pawanmuktasana è divisa in tre gruppi: esercizi anti-antireumatici, anti-gastrici e ‘shakti bandha’(posizioni che sbloccano l’energia). In quest’articolo sono stati presi in considerazione soltanto i primi due gruppi. (ndr)

Bibliografia
(1) Swami Satyananda Saraswati, Asana Pranayama Mudra Bandha, Bihar School of Yoga, Munger, 1993.
(2) David Frawley, Ayurvedic Healing: A Comprehensive Guide, Motilal Banarsidas, 1989.
(3) Vasant Lad, Ayurveda: The Science of Self-Healing, Lotus Press, N.M., 1985.
(4) David Frawley, op cit.
(5) Vasant Lad, op cit.
(6) David Frawley, op cit .
(7) Vasant Lad, op cit.
(8) David Frawley, American Inst. of Vedic Studies Health Care Professionals Independent Study Course in Ayurveda, Santa Fe, N.M. Part I, 1922.
(9) ibid.
(10) William F. Ganong, Review of Medical Physiology, Large Medical Pub., California, 12th Ed., 1985.
(11) ibid.
(12) ibid.
(13) Arthur C. Guyton, Textbook of Medical Physiology, W.B.Saunders Co., Philadelphia, 6th Ed., 1981.
(14) William F. Ganong, op cit.
(15) Swami Satyananda Saraswati, op cit.
(16) Mitchel, G.A.G., Patterson, E.L.; Basic Anatomy, E&S Livingstone Ltd., London, 2nd Ed. 1967.
(17) ibid.
(18) ibid.
(19) Arthur C. Guyton, op cit.
(20) ibid.
(21) Swami Niranjanananda Saraswati, Prana Pranayama Prana Vidya; Bihar School of Yoga, Munger, 1994.
(22) ibid.
(23) Swami Satyananda Saraswati, op cit.
(24) Swami Niranjanananda Saraswati, op cit.
(25) David Frawley, op cit.
(26) Swami Satyananda Saraswati, Kundalini Tantra, Bihar School of Yoga, Munger, 1984.
(27) Swami Niranjanananda Saraswati, op cit.
(28) Swami Satyananda Saraswati, Asana Pranayama Mudra Bandha, op cit.


BENEFICI CONSEGUIBILI CON LO YOGA

FISICI: lo yoga praticato con impegno e costanza conferisce una salute più stabile, ripresa più rapida in caso di malattia, maggior efficienza generale, elasticità, linea agile e snella, sonno calmo e profondo, eliminando le tensioni nervose, le crisi depressive, gli stati angosciosi e altro. Se praticato regolarmente assicura ringiovanimento organico, longevità, efficienza fisica e mentale anche in età avanzata.

PSICHICI E MENTALI: equilibrio mentale, controllo del pensiero e delle emozioni, facilità nella concentrazione mentale, nella meditazione ed altro ancora.

MORALI E SPIRITUALI: serenità di spirito, sviluppo della volontà e della forza morale, evoluzione spirituale, elevazione, autocontrollo e altro.

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